Alberto il Normanno signore di Castiglione

La torre del castello di Torrimpietra
La torre del castello di Torrimpietra

Il castello di Torrimpietra, antico Castrum Castiglionis, è legato ad un personaggio vissuto nel XIII secolo, Albertus Iohannis Stephani Normandi, il quale apparteneva ad una delle più importanti famiglie aristocratiche di Roma vissuta tra il XII e il XIV secolo.

Gli studi condotti finora non consentono di stabilire con certezza l’origine di questi barones romani. Si è supposto che provenissero dall’Italia meridionale. Discendenti forse di guerrieri normanni giunsero a Roma al tempo di Nicolò II (1059 – 1061).

Ciò che appare certo è che all’inizio del XII secolo quella dei Normanni si collocava tra le più eminenti famiglie dell’aristocrazia del tempo, esponenti della cosiddetta “nuova nobiltà romana” la quale andò a contrapporsi alla supremazia esercitata a Roma in quegli anni dai Frangipane e dai Pierleoni.

Nonostante il ruolo prevalente nella vita politica dell’epoca tra imperatori, papi e antipapi, le notizie relative a questa famiglia nel corso del XII secolo sono molto scarse.

Sappiamo che a capo della famiglia in questo periodo era Stephanus Normandi che insieme ai fratelli compare nei documenti come fautore dell’antipapa Silvestro IV eletto nel 1105 in contrapposizione a Pasquale II.

Legato da vincoli di parentela ai Frangipane si schierò nel 1118 dalla parte dei Pierleoni in difesa del papa Gelasio II al quale l’imperatore e la fazione romana capeggiata dai Frangipane avevano contrapposto l’antipapa Gregorio VIII.

Insomma una lotta tra grandi ed importanti famiglie sullo sfondo del dissidio tra papato ed impero.

Risoltasi la vexata quaestio in favore di Gelasio II, Stefano venne nominato dal pontefice “protector ac vessillifer” della chiesa.

Morto dopo il 1160, da lui derivò il ramo del casato noto ancora nel 1224 come quello dei “filii domini Stephani Normanni”.

I Normanni appaiono dunque come protagonisti del loro tempo.Le notizie a loro riguardo si fanno più corpose verso la fine del XII secolo. Nel 1193 i figli di Stephanus Normandi, Stephanus e Albertus, entrarono in possesso del castrum Cereris (Odierna Cerveteri) e del castrum Guidonis.

Altri documenti sanciscono inoltre l’acquisizione di altri castra a testimonianza di un progressivo radicamento della famiglia nella zona della Via Aurelia iniziato nella seconda metà del XII secolo e che porterà alla formazione della vasta signoria territoriale che apparirà nel testamento di Albertus Stephani Iohannis Normandi del 1254.

Veduta del castello di Torrimpietra
Veduta del castello di Torrimpietra

Il testamento di Albertus contiene una serie di informazioni importantissime sul personaggio, sulla sua famiglia, sui suoi beni, sui suoi diritti cittadini e costituisce uno dei documenti romani del XIII secolo più interessanti tra quelli conservati.

Quello che interessa ai fini del mio studio è il fatto che nel testamento di Albertus redatto il 28 febbraio 1254 si trova la prima menzione del castrum Castiglionis, citato nel patrimonio immobiliare lungo la Via Aurelia appartenente ai Normanni.

Ma cerchiamo di ricreare un po’ l’atmosfera del tempo e di ritornare con l’immaginazione a quella campagna romana disseminata di castelli e di borghi fortificati, dove le baronie romane si contendevano il potere e la supremazia territoriale.

Al tempo del nostro Alberto non sappiamo di preciso quali fossero i castra acquisiti o fondati ex novo da lui o dai suoi ascendenti diretti, in modo da poter determinare in quale misura l’intervento della famiglia influì sull’assetto insediativo di questo settore della Tuscia romana con la fondazione di nuovi villaggi fortificati.

Fatto sta che nel suo testamento troviamo un quadro molto dettagliato e complesso dei vari castra, tutti confinanti fra di loro, che si ergevano a nord e a sud lungo il percorso della Via Aurelia fino al mare, e ad ovest del fiume Arrone, emissario del lago di Bracciano.

La famiglia di Albertus era composta, all’epoca della redazione del testamento, dalla madre Egidia, dalla moglie Tommasa, dai figli Giovanni Stefano e Stefano e dalla figlia Adelasia, andata in sposa ad un Pietro della nobile famiglia dei Romani.

Secondo le regole successorie, allora in uso a Roma, la quasi totalità del patrimonio di Albertus era destinata ai figli maschi Stefano e Giovanni Stefano.

Alla madre,alla moglie e alla figlia sarebbero toccati alla sua morte appannaggi e somme di denaro, poca cosa in confronto all’entità del patrimonio.

Albertus lasciava al figlio Giovanni Stefano il Castellum Cere (odierna Ceri), il castellum Pali (odierna Palo), il castellum Campanilis (presso l’attuale Castel Campanile), il castellum Lombardi (a nord est del casale di Torrimpietra) il castellum Terni (castrum Luterni nel territorio di Ceri fondato tra l’ XI e XII secolo per iniziativa del clero di San Pietro in Vaticano) e Sanctus Iohannes Petrioli (non sappiamo quali fossero i diritti di Alberto su questa località. La ecclesia Sancti Iohannis in Petrolo dipendeva dal vescovo della diocesi di Porto e Santa Rufina a partire dal 1236).

Al figlio Stefano invece Alberto lasciò la villa quae dicitur de Sancto Georgio (corrispondente a Maccarese), il castellum Guidonis (ad est del fiume Arrone, fondato precedentemente da un Guido a noi ignoto presso un’antica statio sulla Via Aurelia e precisamente quella di Lorium, presso Alsium), il castellum Prungianis (attuale casale di Leprignana situato a 1200 m a sud del 22 km dell’Aurelia), il castellum Testaleporis (odierno casale di Testa di Lepre di sotto) e il castellum Castellionis cum turre de Paratoro tota.

Quindi all’epoca di Alberto il territorio del casale di Castiglione comprendeva anche la torre denominata Paratoro (nell’odierna località di Palidoro).

Si evince dall’analisi delle proprietà di Alberto che la famiglia Normanni era in grado di controllare un settore del litorale a nord della foce del Tevere e un lungo tratto della Via Aurelia tramite i vari castra in suo possesso.

Questo era il segno di una politica familiare di espansione territoriale organica fondata sulla progressiva acquisizione di precisi diritti, giurisdizioni e territori.

Nel quadro generale del tempo di Alberto Normanni un aspetto non trascurabile è quello relativo alle caratteristiche naturali dell’area occupata dai suoi castra.

La fascia litoranea era caratterizzata tra la Via Aurelia e il mare dalla presenza di paludi ed acquitrini formati, tra cordoni dunali, dall’azione dei vari corsi d’acqua che non riuscivano a trovare sbocco verso il mare perché intrappolati tra le dune sabbiose.

Ecco come appariva il paesaggio di questo territorio durante il Medioevo. Paludi, acquitrini e boscaglie rappresentavano comunque una risorsa rilevante nell’ambito dell’economia silvo-pastorale. Lo stesso Alberto nel suo testamento nomina il pascolo di maiali, ben oltre 500, nella silva di Vaccarese (attuale Maccarese) e poi si praticava abbondantemente l’uccellagione come ci testimoniano documenti del XIV secolo.

Albertus fu inoltre il capostipite di quel ramo che da lui prese il nome di Normanni- Alberteschi.

Alla sua morte infatti la famiglia si articolò in due rami distinti: i discendenti di Giovanni Stefano vennero soprannominati de Cere o Ceresis, mentre i membri dell’altro ramo discendente da Stefano ebbero il soprannome de Castiglione (ambedue i soprannomi derivano dai principali possessi castrensi).

Comune a tutte e due le discendenze è il nuovo cognome de Alberteschis o Alberti, attribuibile senza ombra di dubbio all’importanza nella storia della stirpe dell’Alberto che stilò il testamento nel 1254.

Il ramo del figlio primogenito Giovanni Stefano Ceresis si estinse fra il 1334 e il 1348 e tutti i beni della famiglia passarono in gran parte ad enti ecclesiastici.

I Normanni de Castiglione si divisero in due linee di discendenza: la prima si estinse con la morte di Alberto di Pietro, unico maschio superstite dell’intero ramo, intorno al 1379, mentre la seconda terminò con le figlie di Giovanni di Stefano di Normanno, andate tutte in spose ad esponenti della famiglia Anguillara, alla quale passarono gran parte dei beni del casato. Le tre sorelle in un atto del 1401 sono ricordate già morte. Con esse si estinse il ramo degli Alberteschi.

 

Bibliografia

  1. Carocci, Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e nel primo Trecento, Roma, 1993
  2. Franceschini, E. Mori, M. Vendittelli, Torre in Pietra. Vicende storiche, architettoniche, artistiche di un insediamento della Campagna Romana dal Medioevo all’età moderna, Roma, 1994
  3. Vendittelli: Dal Castrum Castiglionis al Casale di Torre in Pietra. I domini dei Normanni- Alberteschi lungo la Via Aurelia tra XII e XV secolo, in Archivio della Società Romana di Storia Patria, 1989, pp. 115-182

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