Schizofrenia multimediale

Senza voler fare inutili e pesanti trattati di psicopatologia, quando parliamo di schizofrenia possiamo semplicemente definirla come una patologia che altera gravemente la percezione della realtà. I manuali declinano la schizofrenia in tre classificazioni principali: paranoide, disorganizzata o catatonica.

La schizofrenia paranoide si caratterizza per le ansie, le paranoie ed i pensieri ricorrenti, che portano la persona malata a vedere ovunque persecuzioni, paure e pericoli per se stesso, per i propri cari, e per l’umanità. Lo schizofrenico disorganizzato invece non riesce ad avere un pensiero lineare (seppur alterato), e spesso adotta comportamenti senza senso o violenti, impaurito dalla realtà che lo circonda, e che lui non riesce a comprendere. Infine lo schizofrenico catatonico, risulta essere il soggetto che maggiormente inquieta un caregiver, o una persona qualunque, in quanto si pone totalmente insofferente al mondo circostante, impossibilitato ad entrare in relazione con chiunque. Ovviamente per tutte e tre queste condizioni psicopatologiche esistono vari livelli di gravità, in funzione del grado di alterazione nella percezione della realtà. Ma come fa l’essere umano a percepire la realtà che lo circonda?

Fin dai tempi di Kant, e anche prima,  l’uomo si è interrogato sulla natura ultima della realtà e sul fatto che possa esistere una realtà oggettiva, estrapolata da quello che i nostri sensi percepiscono ed il nostro cervello interpreta. A quanto pare, anni di studio (compresa la teoria della relatività di Einstein) hanno portato alla conclusione che il concetto di realtà sia un concetto estremamente relativo, strettamente dipendente dal metro utilizzato per misurarla, e dall’interpretazione data alle misurazioni fatte.

Se nel medioevo avevamo solo 5 sensi (vista, gusto, udito, olfatto, tatto) e qualche idea confusa su come funzionava il mondo, oggi invece le informazioni sono aumentate in modo esponenziale, e la società moderna occidentale ha anteposto la vista e l’udito a tutti gli altri sensi, soprattutto con l’avvento dei mezzi di comunicazione multimediali, basati su immagini e suoni. Dunque oggi il cervello, che evoluzionisticamente parlando è rimasto strutturalmente immutato dal medioevo, deve elaborare milioni di informazioni audio e video in più rispetto al medioevo, per poter interpretare la realtà, ed evitare interpretazioni di tipo schizofrenico.

Il nostro povero cervello, nel suo arduo compito, deve poi valutare quanto le informazioni ricevute siano vere: se nel medioevo un fiore poteva essere visto, ascoltato, toccato, annusato o addirittura mangiato, oggi un’informazione sul web può solo essere vista o ascoltata. E se questa informazione sul web o sulla stampa fosse falsa? E se fosse manipolata? Se perseguisse altri fini, rispetto a quelli dichiarati? È veramente arduo per il cervello poter fornire interpretazioni non schizofreniche della realtà, senza avere tutte le informazioni a disposizione.

Visto il poco materiale a disposizione dei sensi, il cervello cerca di sopperire sforzandosi un po’ di più nell’interpretazione cognitiva, ma questo spesso porta a “ricostruire” parti della realtà, basandosi su quella che potrebbe essere la spiegazione più probabile. Questa ricostruzione, che poi è simile al processo per cui ci ricordiamo i sogni notturni, può ancora una volta essere soggetta ad alterazioni soggettive.

Qualora il cervello non riesca ad interpretare l’informazione in modo corretto, creandosi una realtà alterata, le reazioni dell’individuo saranno simili (con le dovute proporzioni) a quelle dello schizofrenico, che potrà reagire in modo paranoico (ipotizzando complotti, intrighi di vario genere a suo discapito), disorganizzato (magari con comportamenti violenti e senza scopi chiari) o addirittura catatonico, accettando senza reagire la sorte ineluttabile, e riducendo al minimo le relazioni umane.

Come evitare interpretazioni schizofreniche della realtà (multimediale)? Esistono varie tecniche che, almeno in parte possono essere d’aiuto, ma sicuramente non danno la certezza del successo. Innanzitutto è possibile verificare l’attendibilità della fonte che ha dato una certa informazione, ma spesso è difficile capire quanto il proprio partito, il proprio leader religioso, o il proprio leader sportivo possa essere onesto o imparziale, e spesso questa soluzione rischia di non risolvere il problema, ma di aggravarlo esponenzialmente. Un altro metodo interessante potrebbe essere quello di ricercare l’informazione alla fonte. Spesso un’informazione, prima di arrivare a noi, viene gestita da moltissime altre persone che la mediano (da qui il termine multimediale) e spesso la reinterpretano, modificandola in parte. Arrivare alla fonte originaria dell’informazione potrebbe dunque eliminare tutta una serie di interpretazioni che, in alcuni casi, possono stravolgere l’informazione iniziale e fornire un’interpretazione completamente diversa della realtà. Purtroppo però, sebbene le informazioni mediate siano alla portata di tutti, le informazioni originarie spesso sono difficili da reperire, e le persone non sono disposte a sacrificarsi tanto per qualcosa che magari non porterà grandi vantaggi immediati alla loro vita. Se siamo un po’ allenati nella speculazione filosofica, induttiva e deduttiva, infine possiamo riflettere in proprio su un’informazione percepita dal web, e porci delle domande, per provare a capire meglio la sua attendibilità, cercando di arrivare alle risposte in assenza di prove certe. Per avere buoni risultati in questo però occorre un grande allenamento, ed una notevole preparazione scolastica.

Visto quindi quanto possa essere semplice incappare in interpretazioni schizofreniche della realtà attuale, e quanto i metodi per evitare tali interpretazioni patologiche siano fallibili, possiamo ben comprendere tutti quegli atteggiamenti complottisti, violenti o passivi che leggiamo ogni giorno sul web ma, qualora ci rendessimo conto di pensare a complotti nei nostri confronti, vendette nei confronti di chi ci vuole male, paure verso qualcosa o qualcuno, oppure non riuscissimo ad affrontare la realtà quotidiana, forse dovremmo fermarci e riflettere: magari abbiamo prodotto un’interpretazione schizofrenica della realtà (multimediale).

 

Dott. Alfonso Di Giuseppe

Psicologo

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